Calcio femminile, sviluppo e prospettive

  • 31 ottobre 2018

L’evoluzione del calcio femminile è un percorso di alti e bassi, in Italia come all’estero. Il calcio femminile è nato in Italia nel 1968. Una data non casuale, epoca di rivoluzioni e rivendicazioni, movimenti e azioni di cambiamento. Cinquant’anni fa, svariati gruppi di ragazze in giro per la Penisola iniziano a creare squadre di calcio e a incontrarsi, dando il via al primo campionato nazionale femminile. Un vero e proprio miracolo organizzativo, fatto di passaparola, sacrifici e genitori improvvisati in dirigenti.

Oggi il movimento del calcio femminile italiano conta 23.903 tesserate, mentre gli arbitri donne sono 1.595. Sono alcuni dei numeri sul mondo del pallone “in rosa” presenti nell’ottava edizione del Report del calcio in Italia, realizzato dal Centro Studi della Federazione Italiana Giuoco Calcio in collaborazione con Arel e PwC.

Nel dettaglio, l’attività dilettantistica femminile conta 14.266 calciatrici tesserate, suddivise in 7.796 nel calcio a 11, 4.504 nel calcio a 5 e 1.966 nell’attività mista C5/C11, a cui si aggiungono le 9.637 nel settore giovanile e scolastico.

Il 28 novembre dello scorso anno, in occasione dell’incontro tra Portogallo e Italia valido per la qualificazione al Campionato del Mondo Francia 2019, quella della ct Milena Bertolini è stata la prima rappresentativa nazionale italiana nella storia a essere trasmessa in diretta Facebook. Il risultato? 94.000 visualizzazioni sulla pagina della Figc e 11.000 su quella di “Vivo Azzurro”. La mancanza di copertura mediatica è un fattore fondamentale per la marginalizzazione di questo sport poichè impedisce alle società di poter attrarre gli sponso, il che, di conseguenza, ha un effetto sullo sviluppo economico e, quindi, tecnico.

Quindi in concreto ad oggi, cosa è cambiato? La recente crescita del calcio femminile come dimostrato ha suscitato molto interesse sia dal punto di vista calcistico che economico, ma fondamentalmente le problematiche sembrano essere ancora le stesse.

Se da una parte ci troviamo davanti ad una trasparente e candida passione che porta con sé sacrifici, sforzi, rinunce pur di valorizzare la propria performance sportiva negli allenamenti e nelle gare, dall’altra ci troviamo davanti ad una fotografia che viene resa opaca in quanto il rullino da sempre viene stampato sotto il nome di “dilettantismo” e non “professionismo”.

Noi dell’Associazione Sportiva LUISS da sempre proponiamo con orgoglio sport femminili, e puntiamo molto sulle studentesse atlete del calcio a 5 femminile che militano nel campionato di serie D; le vediamo impegnarsi ogni giorno tra studio e attività agonistica, siamo dunque molto sensibili all’argomento.

Considerando che a parità di dedizione e impegno le atlete non hanno nulla da invidiare ai colleghi professionisti e che per questa mancanza evidente di tutele molte di loro si trovano costrette a allentare i ritmi o addirittura allontanarsi dallo sport amato per mancanza di un futuro, forse sarebbe ora di modificare e dare nuova valenza a quella legge 91/1981 che tanto ha fatto e continua a far discutere. Questo perché “in genere, il talento non ha genere” e merita di essere ugualmente valorizzato e tutelato.